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La rubrica economica di Jump St.man IL $ NELL’ERA DELL’INDEBITAMENTO GLOBALE. UNA PROFEZIA A LUNGO TERMINE Il problema che ci troviamo oggi di fronte [e che, secondo l’analisi seguente, ci troveremo di fronte per un bel pezzo ancora] è la debolezza del $. Una debolezza persistente, che a mio avviso definire strutturale non è più da considerarsi un azzardo. 110mo di spiegare il motivo [o meglio, i motivi] di tale debolezza, cercando anche di fare tesoro dell’analisi per riuscire a gestire un comportamento meno occasionale in termini di difesa della propria rendita. Sentiamo parlare continuamente di inflazione debole, di inflazione controllata, ma, sotto sotto, percepiamo come tale convinzione non sia del tutto esatta. Diciamo che tale convinzione è solo in parte esatta. Vediamo di capire il perché. Prendiamo il movimento del crude [C], da cui scaturiscono effetti particolarmente interessanti. Innanzi tutto, è molto importante comprendere come la spinta inflativa che giunge da C [sempre più consistente, dinamicamente molto ben impostata, in termini prospettici] sia annullata dall’azione dei tassi. I tassi, come noto, agiscono principalmente sulla dinamica della liquidità e tendono a rifornire il sistema in modo intelligente, principalmente diluendo nel tempo le onnipresenti spinte inflative. Il prezzo [che dal crude tenderebbe a interagire con variabili molteplici] va sì a contenere inflazione, ma tale inflazione non si ribalta immediatamente sui consumi [cioè su un aumento generalizzato dei prezzi]. Come mai? Come mai, nonostante un livello che si posiziona ormai prossimo ai 90$, l’onda inflativa non si trasmette in termini propulsivi alla globalità dei consumi? Come mai il sistema, inteso come la massa dei consumatori, non viene investito da una spirale inflativa di vaste proporzioni? Principalmente per un motivo, che è la chiave di volta dell’intera impalcatura dell’attuale espansione del capitale: i consumi risultano sostenuti dalla spinta del debito [che, l’abbiamo detto, diluisce inflazione nel tempo]. Ricapitoliamo: il prezzo [ogni prezzo] va necessariamente a contenere inflazione; tale inflazione, però, non si ribalta immediatamente sulla dinamica inflativa dei consumi [aumento dei prezzi], essendo i consumi sostenuti dalla spinta del debito [che diluisce inflazione nel tempo]. Un problema piuttosto ingombrante, in tale prospettiva, nasce dall’espansione planetaria del debito. Il debito, inevitabilmente, aumenta perché aumenta il volume complessivo di consumi sostenuti dal debito e aumenta necessariamente la passività globale del sistema [ci vuole sempre più tempo e più denaro per pagare un bene]. Vediamo quindi, in tale scorcio d’analisi, come l’inflazione sia reale, ma vediamo anche come la diluizione nel tempo dei suoi effetti la renda meno reale di quanto essa sia: non solo in termini di percezione, ma anche in termini effettivi d’impatto monetario. Abbiamo però, e questo è un dato di fatto, un aumento reale dei consumi globali in presenza di un aumento reale del debito globale. Ci troviamo ora a dover rispondere ad una seconda domanda: chi rifornisce il sistema? Risposta: la moneta più debole con i tassi di finanziamento più bassi. È quindi assolutamente necessario che, all’interno del sistema, sia presente una moneta inflativa, destinata a tenere in piedi il sistema globalizzato del debito. Tale moneta, e qui torniamo alla tesi iniziale, pare debba essere il $, destinato a rifornire quello che dobbiamo ormai definire come il sistema globale del debito. Ne derivano, per il $, una serie di conseguenze rilevanti; andiamo ad elencarne qualcuna. La prima, di straordinaria importanza: il $ sarà destinato a perdere progressivamente [ma, aggiungiamo anche, inevitabilmente] la funzione storicamente determinata di moneta-rifugio. In tale, epocale prospettiva, il $ tenderà ad assumere alcune caratteristiche: alcune negative, altre positive. Caratteristiche negative: la debolezza nei confronti delle altre monete, un forte contenuto inflativo, una scarsa capacità di remunerazione in termini temporali. Caratteristiche positive: la diffusione planetaria [che già possiede], una fortissima disponibilità in termini di massa e [caratteristica di fondamentale importanza] la capacità di dominare la politica monetaria globale. A questo punto, dobbiamo fare entrare in scena un nuovo attore, da troppo tempo relegato in una parte minore. Un attore che ama invece le prime parti, il cui ritorno alle scene risulterà a molti particolarmente indigesto. Parliamo, ovviamente, del Gold [G]. È lui che dovrà assolvere [è un mio fortissimo convincimento personale] la funzione di moneta-rifugio, fatalmente abdicata dal $. Il G sarà la moneta dei "rentier", destinata a misurare con esattezza il prodursi planetario delle inevitabili fratture inflative. Che fine faranno le borse? Le borse saranno chiamate [è un loro compito storico, a cui hanno sempre assolto con straordinaria efficacia] a misurare l’aumento della capitalizzazione globale. Con una differenza rispetto al G, che saranno esse stesse ad assumersi il rischio più elevato di default in caso di crisi generalizzata del $. Parliamo, attenzione!, di crisi generalizzata, che si produrrebbe solo in presenza di un fallimento globale del sistema del debito [sistema che, per il momento, rappresenta, e rappresenterà ancora per molto, l’unica forma di sviluppo del capitale globale]. Alla luce delle precedenti considerazioni, si presentano al risparmiatore due linee d’investimento privilegiate: una, di lunghissimo, sul G; l’altra, di medio, sull’azionario, sul quale i rientri convinti saranno dettati da fasi congiunturali estremamente propizie. Con una precisazione essenziale, che dovremo tenere davanti agli occhi in ogni istante nella nostra pratica di trading: l’azionario sarà soggetto inevitabilmente [molto più del G] a quelle fratture inflative di cui abbiamo parlato nella nostra analisi. L’aumento della massa, in termini assoluti, non potrà infatti procedere all’infinito [Weimar docet]. È perciò opportuno comprendere come il sistema sia degenerativo in termini prospettici e come tale degenerazione sia scritta nell’ordine stesso dello sviluppo dell’indebitamento globale. Possiamo solo pensare che l’esito di tale degenerazione potrà avvenire nell’arco di cinque/dieci/venti/cinquant’anni. Resta il fatto della sua inevitabilità, dal momento che le condizioni di sviluppo del capitale [così come si vanno impostando nell’azione delle grandi istituzioni finanziarie] sono le stesse che lo condurranno inevitabilmente alla rovina. Dovremo solo [e non sarà impresa facile] manovrare esattamente il nostro risparmio in mezzo alle secche del rischio, cominciando a misurare con freddezza le nostre azioni in termini prospettici. Senza lasciarci abbagliare dalle sirene dell’ottimismo più sfrenato; senza farci deprimere dalle sirene contrarie, che comunque ci invitano opportunamente alla prudenza e alla massima attenzione. JSM